per Enzo Porta di Stefano Malferrari

Enzo Porta è stato per me, prima di tutto, un violinista, un musicista e un didatta che ho ammirato devotamente, poi un collega magistrale ed esemplare, infine un conoscente carissimo.

Le prime volte che incrociai quest’uomo gentile, dal tono della voce sempre pacato, di un garbo antico, fu da ragazzo, dalla mia poltrona di platea, in quelle occasioni musicali degli anni settanta ottanta che vedevano Enzo impegnato, o come Spalla dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna in qualche complicatissimo brano lirico e sinfonico di musica contemporanea, oppure, in altri momenti, alla testa di gruppi, a volte grandi a volte più piccoli (storico il suo duo con la straordinaria flautista Annamaria Morini), spesso dediti al repertorio contemporaneo, ma anche, in altri concerti, a un repertorio storico, sempre affrontato con quello spirito di rispetto al testo e alle indicazioni dell’autore che solo chi ha consuetudine con le nuove opere e al lavoro in uno stretto contatto di collaborazione con i compositori, può capire e attuare pienamente anche in altri repertori.

La prima volta che ebbi il piacere, e l’onore, di fare musica con Enzo Porta fu grazie ad Annamaria Morini, con la quale avevo iniziato qualche tempo prima una collaborazione artistica in duo, flauto e pianoforte.

Si trattò, in quel caso, di lavorare Sospeso (Trio n°3), un trio, per flauto, violino e pianoforte, di Adriano Guarnieri.

Il mio unico precedente impegno sulla musica di Adriano era stato il lavoro per flauto e pianoforte Passioni perse, esperienza per me illuminante, fatta con Annamaria alcuni mesi prima.

Per questo arrivai alla prima prova del trio, con la mia parte pronta, ma con una considerevole preoccupazione per quanto potesse essere rilevato o appuntato da parte di Enzo, seduto immediatamente alla mia destra, vicinissimo alle note acute della tastiera del pianoforte, per avere una fusione del suono e d’intenti quanto più alta possibile, diceva.

Le due cose che più mi colpirono, e rimasero nella mia memoria, di quell’occasione furono la chiarezza dell’esecuzione della sua parte violinistica che io potevo leggere durante la prova dalla partitura che avevo davanti nel mio spartito per pianoforte; ma ancora di più, la calma e la gentilezza con cui Enzo proponeva tutte le possibilità per trovare sonorità meglio impastate, o le necessità relative a una fusione di esecuzione ancora più alta di quello che già le nostre attenzioni di esecutori stavano producendo.

La prima volta che sentii in Enzo Porta la figura di una persona cara, fu un pomeriggio di alcuni anni fa, in occasione di una prova fatta nel mio studio, per la futura registrazione di un cd in duo, violino e pianoforte, uscito poi per l’etichetta Agenda.

Durante una pausa del nostro lavoro, mi chiese di andare a prendere il mio secondogenito, nato da pochi mesi e che si era appena svegliato da uno dei suoi tanti sonni, e mentre io lo tenevo in braccio Enzo gli si avvicinò cautamente con il violino e gli suonò una piccolissima, delicatissima melodia che annunciò come bene augurale per un’infanzia musicale e felice.

L’ultima volta che ho incontrato Enzo è stato in occasione di una intervista pubblica che ho avuto modo di fargli, per volontà di Antonello Lombardi e l’organizzazione dalla Libreria Orpheus di Bologna, dedicata alla sua esperienza di musicista che per una vita si era occupato di musica contemporanea.

Erano già capitate precedenti occasioni di condivisione, con Enzo e altri musicisti o musicologi, di qualche tavola rotonda pubblica incentrata sull’analisi o sulle personali esperienze nel ambito dell’interpretazione di nuove opere, ma quella di Bologna rappresentava un occasione particolarmente toccante: Enzo poco tempo prima aveva avuto seri problemi di salute e aveva, dopo mille resistenze ed “eroici” sacrifici, ceduto le armi al fatto che non avrebbe più potuto suonare il violino (chissà cosa sarebbe stato il prosieguo del lavoro che avevamo appena iniziato, prima che il male lo colpisse, sui nuovi brani in vista di una nuova futura registrazione in cd).

Nonostante tutto non viveva, almeno così a me sembrava, la sua nuova condizione in modo tormentato, ma con uno spirito e una forza esemplari, adattando la propria nuova condizione di vita alla prosecuzione di altri progetti, quali lasciare nuovi testi incentrati sull’approfondimento della tecnica violinistica o, mi pare, sulla didattica per l’infanzia, oppure concedersi a momenti di colloquio legati alle sue esperienze di tanti decenni dedicati alla musica e a quella contemporanea in particolare.

Parlare con Enzo dei suoi incontri di studente al Conservatorio Verdi di Milano, delle sue collaborazioni artistiche con i compositori che hanno  tracciato i solchi della storia della musica di più della metà dello scorso secolo, voleva dire toccare con mano la storia e la contemporaneità nello stesso istante; racconti espressi sempre con una modestia, un pudore e un distacco nobile dai fatti e dalle altrui opinioni che facevano di quei momenti attimi preziosi e indimenticabili.

L’ultima domanda che ho formulato ad Enzo, terminando quell’incontro, è stata, mi avrà perdonato la banalità spero, dove stesse andando, nel ventunesimo secolo, la musica contemporanea.

Sollevando impercettibilmente le spalle, con un appena accennato sospiro e un garbato gentile sorriso, Enzo ha risposto: “chissà…ormai…liberi tutti”.

Grazie Enzo!

 

Stefano Malferrari

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